Il combustibile solido Pet Coke

Da diversi anni stiamo  assistendo ad un ritorno verso l’impiego di combustibili solidi ( carbon fossile, Petrolcoke, biomasse ) al posto dei combustibili liquidi ( gasolio e  olio pesante ) e gassosi. Ciò è dovuto al fatto che il continuo lievitare dei  prezzi di quelli che possono essere oggi considerati i combustibili di impiego  classico negli impianti per laterizi, costringe oramai gli utilizzatori, verso  la ricerca di fonti alternative anche con uno sguardo verso il passato. Dunque  un interesse sempre più manifesto verso l’impiego del carbone propriamente detto, delle biomasse, del Pet Coke. Quest’ultimo in particolare trova sempre più  grande impiego, in quanto essendo un derivato della produzione dei combustibili  liquidi ha un ottimo p.c.i. valutabile attorno alle 7.500 Kcal/kg.

il Pet-Coke, è il prodotto che si ottiene dal  processo di condensazione per piroscissione di residui petroliferi pesanti e  oleosi. Nel processo di coking si realizza un craking termico spinto che dà origine,  attraverso reazioni di piroscissione, a frazioni liquide e a coke, costituito  fino al 90-95% da carbonio.

E’ un residuo  di consistenza spugnosa o compatta (petroleum coke o pet coke). Il coke dunque  è costituito da idrocarburi aromatici policiclici ad alto peso molecolare e presenta un elevato tenore di carbonio e basso contenuto di ceneri.

Tipica composizione del Pet Coke

  • Carbonio 84 – 97%
  • Zolfo 0,2 – 6%
  • Materie volatili 2,0 – 15%
  • Idrogeno <5%
  • Ferro 50 – 2000 mg/kg
  • Vanadio 5 – 2000 mg/kg
  • Boro 0,1 – 0,5 mg/kg
  • Nichel 0,1 – 3000 mg/kg

 

Il 15 gennaio 2004 la Corte di Giustizia Europea, ha escluso dalla nozione di rifiuto del sottoprodotto di raffinazione il
pet-coke sostenendo che “il coke da petrolio prodotto volontariamente, o risultante dalla produzione simultanea di altre sostanze combustibili petrolifere, in una raffineria di petrolio ed utilizzato con certezza come combustibile per il fabbisogno di energia della raffineria e di altre industrie non costituisce un rifiuto ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE.”

E’ questa una conclusione importante che pone a diritto il Pet Coke tra i combustibili di comune utilizzo.

Qui di seguito presentiamo una tabella riportante il campo di variabilità e i valori medi relativi alle principali caratteristiche di oltre 300 campioni di carbone fossile e di circa 500 campioni di coke di petrolio. Il confronto riporta i valori estremi e i valori medi dei parametri più significativi del carbone fossile e del Pet coke

Combustibile Unità di misura Carbone fossile Petcoke
Componenti MIN MAX MEDIO MIN MAXM MEDIO
Ceneri % m/m 6,67 18,2 13,85 0,20 5,0 1,16
Materie volatili % m/m 10,73 41,11 24,80 9,74 16,74 13,07
Carbonio % m/m 63,05 80,68 71,27 82,34 88,35 86,61
Idrogeno % m/m 2,50 4,60 3,85 2,98 4,04 3,63
Azoto % m/m 1,48 2,30 1,77 1,27 2,70 1,79
Zolfo) % m/m 0,21 1,21 0,48 2,76 6,63 4,89
Cloro m/m< 0,01 0,09 0,02
Vanadio mg/kg 390 4660 1812
P.C.S. kcal/kg 5796 7788 6729 7678 8569 8365
P.C.S MJ/kg 24,30 32,60 28,15 31,55 35,90 35,00
P.C.I. kcal/kg 5618 7562 6527 7489 8378 8176
P.C.I. MJ/kg 23,50 31,65 27,35 31,35 35,10 34,25
Granulom. iniz Mm 0 20 20 0 20 20
Granulom. finale micron 80 100 90 80 100 90
Umidità iniziale % 6 6

 

Il Risparmio economico sui dati medi di costo del Pet Coke al 10/2011

 

Il vantaggio del suo  impiego è evidente: se confrontiamo il suo utilizzo con quello dell’olio  pesante, per un forno a tunnel per la cottura di laterizi, su una base di  prezzi mediamente presenti sul mercato al 2011 come sotto indicato:

  • Pet coke 200 Euro/ton p.c.i 7.500 Kcal/kg
  • Heavy oil 520 Euro/ton p.c.i. 9.500 Kcal/kg

avremo i risultati seguenti  relativamente ad un forno da 400 ton/giorno : ipotizzando una richiesta di  energia  di 320 Kcal/kg, si avrà una richiesta giornaliera di 128.000.000 Kcal. Poiché  il 20% dell’energia deve essere fornita tramite bruciatori a gas oppure a Heavy  oil, si può vedere sull’80% dell’energia residua richiesta ( e cioè su 102.400.000 Kcal/giorno ), il vantaggio di  impiegare Pet Coke al posto dell’ heavy oil:

  • Pet Coke 102.400.000/7.500  = 13,653 ton/giorno pari a 13,653 x 200 = 2.730 Euro/giorno
  • Heavy oil 102.400.000/9.500 = 10,778 ton/giorno  pari a 10,778 x 520 = 5.605 Euro/giorno

Ci sarebbe dunque un risparmio di  2.875 Euro/giorno e dunque 86.250 Euro/mese.

Poiché l’installazione di un impianto completo di sistema di  micronizzazione del Pet Coke, del suo insilaggio delle coclee di trasporto,  della batteria di bruciatori sul forno costa approssimativamente 400.000 Euro, l’investimento verrebbe ammortizzato in meno di cinque mesi.

Se a ciò si aggiunge come un impianto di combustione per  combustibili solidi attuale abbia raggiunto elevatissimi livelli di efficienza  riassumibili in:

  •  Regolazione autonoma di ciascun bruciatore composto da 9 – 16 canne di combustione
  •  Regolazione autonoma del rapporto Coke/aria comburente su ciascuna canna di combustione

Si può affermare come  l’utilizzo del Pet Coke possa essere una soluzione alternativa molto valida,  vicina ll’impiego del gas, superiore nel confronto con l’Heavy oil, per quanto  riguarda l’efficienza della combustione.

 

Le Biomasse

In campo energetico, il termine “biomassa” indica diversi prodotti di origine principalmente vegetale, e solo in misura minore animale, utilizzati per produrre energia: residui agricoli e forestali, scarti dell’industria del legno, come trucioli e segatura, “coltivazioni energetiche” (ovvero piante espressamente coltivate per scopi energetici), scarti delle aziende zootecniche e residui agro-alimentari
(residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale come la paglia).

Le biomasse sono una delle fonti rinnovabili maggiormente disponibili sul nostro pianeta.Nel 2009 le biomasse hanno coperto il 10% circa del fabbisogno di energia nel mondo (International Energy Agency Key World Energy Statistics 2011). Il loro impiego, però, non è diffuso in maniera omogenea. Nei paesi in via di sviluppo, infatti, questa fonte di energia copre dal 34% al 40% del fabbisogno energetico complessivo. Al contrario, nei Paesi industrializzati il suo contributo è molto più modesto e le biomasse contribuiscono appena per il
3% agli usi energetici primari. In particolare gli Stati Uniti ricavano il 3,2% della propria energia dalle biomasse, l’Europa ciomplessivamente il 3,5%.
Eccezionalmente, in Svezia e Finlandia, bruciando gli scarti dell’industria forestale, viene prodotta una quantità di energia elettrica tale da coprire, rispettivamente, il 17% e il 15% del fabbisogno nazionale di energia elettrica.In Austria le biomasse coprono il 13% del fabbisogno elettrico nazionale. In Italia, invece, il contributo delle biomasse al bilancio energetico nazionale si limita al 2-3%. Tale distribuzione non tiene conto solo dell’attenzione e dell’impegno economico di alcuni paesi per la ricerca e lo sviluppo di nuove
tecnologie, ma anche della concreta disponibilità di terreni dove localizzare le “colture energetiche”. Si è stimato, infatti, che nei Paesi
sviluppati la sostituzione dei combustibili fossili con le biomasse richiederebbe la disponibilità di oltre 950 mega-ettari (milioni di ettari) di
terreno da destinare alle colture energetiche. All’avanguardia nello sfruttamento delle biomasse come fonte energetica sono i Paesi del centro – nord Europa, che hanno installato grossi impianti di cogenerazione (produzione associata di energia elettrica e calore) e teleriscaldamento alimentati a biomasse. La Francia, che ha la più vasta superficie agricola in Europa, punta molto anche sulla produzione di biodiesel ed etanolo, per il cui impiego come combustibile ha adottato una politica di completa defiscalizzazione. La Gran
Bretagna invece, ha sviluppato una produzione trascurabile di biocombustibili, ritenuti allo stato attuale antieconomici, e si è dedicata in particolare allo sviluppo di un vasto ed efficiente sistema di recupero del biogas dalle discariche, sia per usi termici sia elettrici. La Svezia e l’Austria, che contano su una lunga tradizione di utilizzo della legna da ardere, hanno continuato ad incrementare tale impiego sia per riscaldamento sia per teleriscaldamento, dando grande impulso alle piantagioni di bosco ceduo (salice, pioppo) che hanno rese 3-4 volte superiori alla media come fornitura di materia prima. L’Italia con i suoi 7.631 GWh si pone al 5° posto tra i paesi dell’UE15 per produzione da biomasse solide, rifiuti, biogas e bioliquidi. La Germania è il Paese dove nel 2009 la produzione è stata più alta e pari a
33.796 GWh. Gli altri seguono a distanza, in Svezia la produzione è stata pari a 11.122 GWh, in Gran Bretagna a 10.571.